La pubblicità è arte?
Dove finisce la pubblicità e dove comincia l’arte? A questa domanda complessa risponde un volume di Emanuele Gabardi che, a qualche mese dalla sua pubblicazione, è già diventato un riferimento importante. Tutti noi, guardando uno spot televisivo o un manifesto pubblicitario, cogliamo, più o meno consapevolmente, rimandi più o meno palesi che vanno oltre l’immagine e che raccontano un’altra storia, fatta di riferimenti colti che di primo accito non sono sempre evidenti. E non si tratta soltanto di immagini: anche i testi, quando si tratta di pubblicità d’autore, testimoniano una stretta affinità con la grande tradizione della scrittura, e in certi casi possono addirittura essere considerati una forma di letteratura.
Sono concetti che forse non sono ancora così evidenti, ma che progressivamente si stanno imponendo, nell’ottica di una visione più ampia delle categorie culturali. Fortunatamente c’è una continua rivalutazione di tutta una serie di espressioni artistiche, e soprattutto ci sono studiosi che si adoperano per fare emergere opere e testi altrimenti destinati a passare inosservati. E’ proprio il caso della ricerca capillare affrontata da Emanuele Gabardi, consulente di strategie di comunicazione e docente universitario, cui si deve appunto il libro Pubblicità è arte. L’undicesima musa, pubblicato da Franco Angeli (314 pag, 35 euro) nella collana Impresa, Comunicazione, Mercato, diretta da Vanni Codeluppi e Maria Angela Polesana.
Gabardi ha pensato questo libro come uno strumento che affrontasse l’argomento a 360 gradi, senza tralasciare nulla. E per farlo, ha invitato a collaborare alcuni esperti che hanno analizzato ogni ambito del binomio pubblicità e arte. Il volume comprende cinque sezioni tematiche: lo stesso Gabardi, oltre a delineare la storia della pubblicità che apre il libro, ha scritto i capitoli che vedono la pubblicità a confronto con la musica e il cinema. Del rapporto tra pubblicità e letteratura si è occupato Mauro Ferraresi, della presenza della danza nella comunicazione pubblicitaria parla Patrizia Guerra, mentre Vittoria Morganti affronta un interessante excursus tra pubblicità, arte e design.
Scorrendo le pagine del libro si scopre un mondo, o meglio ci si rivela, un mondo che era sempre stato sotto i nostri occhi, ma che non necessariamente avevamo letto e decifrato con la dovuta attenzione. Nella sezione dedicata ai rapporti tra pubblicità e letteratura si impara ad apprezzare meglio alcuni testi, scritti da nomi illustri, uno per tutti Elio Vittorini. Nel capitolo incentrato sulla musica vengono evidenziati alcuni esempi di canzoni che in vari modi si legano al discorso pubblicitario, non fosse altro che per contraddirlo. Nella parte sull’arte e il design, si mette in luce il profondo rapporto osmotico tra pubblicità e Pop Art, una sinergia che per decenni si è alimentata reciprocamente.
Il libro, poi, offre diverse possibilità di lettura: si può privilegiare il discorso storico, che viene affrontato lungo tutta la trattatazione, passando attraverso i vari argomenti, oppure si possono approfondire singoli temi, enucleati in modo agile e funzionale per rendere più agevole la lettura: basti pensare ai paragrafi sui registi di cinema che hanno realizzato anche spot pubblicitari, o alla presenza di balletti nei Caroselli degli anni ’60 e ’70. In generale, comunque, il libro si fa apprezzare per la propria apertura, per la disponibilità a contemplare nuovi modi di fare cultura, come testimonia uno dei paragrafi più interessanti, quello intitolsato “La letteratura nobilita la pubblicità e viceversa”. Una apprezzabile dichiarazione di intenti per un libro che offre le chiavi per muoversi agevolmente in un complesso ambito multidisciplinare.